Mammiferi monogami e mammiferi poligami: è tutta una questione di piacere?

Ci sono differenze a livello neurobiologico fra i sistemi nervosi di due specie di mammiferi, l’una monogama e l’altra poligama?
Tralasciando le cause evolutive che richiedono una discussione a sé, vediamo un esempio emblematico, quello di due specie di arvicole, un genere appartenente all’ordine dei roditori.

L’arvicola delle praterie (Microtus ochrogaster) è una specie con entrambi i partner monogami; stabiliscono un legame affettivo forte che può durare tutta la vita e si occupano con enorme spirito di abnegazione delle cure parentali.
Diversamente da loro, in un’altra specie di arvicole, quella delle montagne (Microtus montanus), gli individui maschi sono fortemente poliginici e non si occupano della cura della prole preferendo spendere il loro “tempo riproduttivo” andando alla continua ricerca di altre femmine; addosso a queste ultime ricade tutto il peso della cura della prole.

Coppia di “Microtus ochrogaster” dedita alle cure parentali

Ma in cosa si differenziano neurobiologicamente queste due specie?
Un ruolo chiave lo giocano un neuropeptide prodotto dall’ipotalamo dei mammiferi, la vasopressina, e il sistema mesolimbico della ricompensa ( il circuito neuronale che permette all’animale di sperimentare sensazioni piacevoli o spiacevoli quando mette in atto un comportamento).
La vasopressina, una sostanza che viene rilasciata dopo l’accoppiamento dall’ipotalamo dei maschi delle arvicole delle praterie (a specie monogama), viene trasportata fino ad una zona del circuito della ricompensa (pallido ventrale) dove trova i suoi recettori e scatena la risposta edonica.

Copula di una coppia di arvicole della prateria (Microtus ochrogaster)

Questa esperienza piacevole, così come può accadere negli esseri umani, permette all’animale di rinforzare quel particolare tipo di comportamento: in altre parole, l’arvicola apprende tramite associazione che non è per niente male intrattenersi con quella particolare femmina e che non sarebbe una cattiva idea stabilire un legame con lei!

Se osserviamo lo stesso sistema neurobiologico nella specie dove il maschio invece è più un “Dongiovanni”, l’arvicola delle montagne, scopriremo una differenza sostanziale: nei maschi di questa specie, i recettori per uno degli “ormoni del piacere”, quelli della vasopressina nel pallido ventrale. sono drasticamente ridotti di numero. Questo significa una cosa molto semplice: i maschi di questa specie non provano lo stesso grado di “esperienza piacevole” dopo aver avuto dei rapporti con una femmina in particolare e potremmo dire, usando un termine antropomorfico, che non se ne “innamorano”.
Il legame di coppia non si forma proprio perché non c’è nessuna “spinta” che induca il maschio a “innamorarsi” di una femmina in particolare e dunque continuerà ad andare alla ricerca di altre femmine.

Ovviamente, queste correlazioni causa-effetto sono state stabilite grazie a tutta una serie di studi sperimentali nei quali si sono modificate le variabili di questo sistema (ormoni, recettori e circuito della ricompensa) per studiare le possibili differenze comportamentali generate.
In effetti, iniezioni esterne di vasopressina direttamente nei circuiti della ricompensa, stimolano e favoriscono un’intensa interazione sociale con le femmine e le cure parentali dei maschi delle arvicole della prateria (monogami, possiedono i recettori in quantità elevata), mentre tale operazione non sortisce lo stesso effetto comportamentale nei maschi delle arvicole di montagna ( poligami, hanno meno recettori).
Ancora, iniezioni di antagonisti della vasopressina nei maschi delle arvicole della prateria (monogami) riducono fortemente le cure parentali espresse da questi individui.
Anche in Homo sapiens, specie evolutivamente vicina alle due specie di arvicole osservate, il sistema della vasopressina-circuito della ricompensa gioca un ruolo importante negli individui di sesso maschile nella genesi nella formazione e nel mantenimento del legame di coppia e delle cure parentali, indicando un’origine omologa di questo sistema.
Ovviamente la situazione è incredibilmente più complessa di questa, e non è questo singolo sistema la sola variabile che determina l’output comportamentale legato alla monogamia e/o alla poligamia nell’uomo, ci sono tanti altri fattori che possono entrar in gioco e modificare il prodotto.
Resta però curioso e interessante scoprire come molte caratteristiche comportamentali che osserviamo negli umani e che riteniamo essere “nate con noi e per noi”, in realtà fanno parte di un bagaglio evolutivo apparso in ben altri momenti e che volenti o nolenti, condividiamo con altri esseri animali.

Riferimenti:

  • Young, L., Nilsen, R., Waymire, K. et al. Increased affiliative response to vasopressin in mice expressing the V1a receptor from a monogamous vole. Nature 400, 766–768 (1999). https://doi.org/10.1038/23475
  • Prairie-Vole Partnerships. Lowell L. Getz and C. Sue CarterAmerican ScientistVol. 84, No. 1 (JANUARY-FEBRUARY 1996), pp. 56-62
  • Parental Care and Mating System of the Prairie Vole, Microtus ochrogaster. Jeanette A. Thomas and Elmer C. BirneyBehavioral Ecology and SociobiologyVol. 5, No. 2 (1979), pp. 171-186
  • Walum, Hasse et al. “Genetic variation in the vasopressin receptor 1a gene (AVPR1A) associates with pair-bonding behavior in humans.” Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America 105 37 (2008): 14153-6


Vocal learning negli uccelli canori


Vi siete mai chiesti come facciano gli uccelli a riprodurre quelle complesse e il più delle volte meravigliose melodie che ognuno di noi ha avuto modo di ascoltare ed apprezzare?
Quali sono le basi neurobiologiche di tale comportamento e qual è il suo ruolo?

Fra tutti gli uccelli, le specie dotate di capacità canore sono pressoché tutte ascrivibili all’ordine dei Passeriformi. Vi ritroviamo specie come il merlo, l’usignolo, il diamantino ecc.
Questi uccelli, soprattutto i maschi, hanno prodotto e sviluppato dei repertori canori vastissimi, molto diversificati anche all’interno della stessa specie, arrivando addirittura a sviluppare veri e propri dialetti locali.
Ma come fa un uccellino appena nato ad imparare il canto della propria specie? E’ un comportamento troppo complesso per essere unicamente determinato per via genetica (anche se una base innata è presente), dunque verrà appreso: deve andare a scuola!

Il “piano di studi” varia da specie a specie, ma generalmente si può inquadrare in questo modo: subito dopo la schiusa, in una finestra temporale di 20 giorni circa, l’uccello appena nato si limita ad ascoltare il canto prodotto dal padre o dai maschi adulti presenti nei paraggi. In questa fase definita come “sensory learning” si formerà un ricordo ben consolidato di quello che è il pattern sonoro del canto che ha ripetutamente ascoltato; la lezione è finita!
In questa fase, nel suo cervello, la memorizzazione del canto del “tutor” avviene grazie alla sofisticata complessità di alcune aree cerebrali presenti nel nidopallio, un analogo della corteccia prefrontale umana (neocorteccia): entrambe queste regioni, seppur evolutesi separatamente, esprimono capacità cognitive complesse (ennesimo esempio di evoluzione convergente delle capacità cognitive).

Bene, ora il nostro uccello dopo la lezione deve fare i compiti a casa. Lo “spartito musicale” del canto del tutor, che è stato registrato ed immagazzinato nei nuclei acustici del nidopallio, svolge un ruolo molto importante: servirà come modello di riferimento per l’esecuzione motoria e canora dell’allievo.
L’uccello, in questa seconda fase definita come “sensorymotor learning” della durata di circa 30 gg, inizierà a produrre il suo canto personale. Il pattern sonoro che produce verrà registrato dalle stesse aree cerebrali acustiche che hanno memorizzato il canto del tutor e in un’area speciale del nidopallio, definita come HVC (hig vocal center) i due “spartiti” verranno analizzati e confrontati. Come?

I neuroni di questa particolare regione cerebrale, confrontando il codice di trasmissione neuronale che corrisponde allo “spartito musicale” del canto del tutor memorizzato con quello del proprio canto, valuteranno quali sono le incongruenze e gli errori e manderanno continuamente dei segnali di aggiustamento alle aree cerebrali motorie dell’uccello che innervano la siringe, l’organo fonatorio degli uccelli. Queste aree motorie sono direttamente responsabili dell’esecuzione motoria del canto.
Questo circuito a feedback, come vedete, è un meccanismo formidabile che permette l’apprendimento di una capacità nuova e complessa, usando come modello di riferimento l’esperienza sensoriale dell’animale.
Quando l’uccello-allievo produrrà dei canti che, quando verranno “riascoltati” dallo stesso, non produrranno forti incongruenze con il canto appreso dal tutor, l’uccello cristallizzerà l’esecuzione di quello spartito …e sarà pronto per l’esame!

Uccello canoro dell’ordine dei Passeriformi

Sì, ma qual è l’esame? Principalmente la selezione sessuale.
Il canto degli uccelli è infatti quasi esclusivamente utilizzato dai maschi ed è utilizzato sia per segnalare il proprio territorio agli altri maschi, sia per attirare le femmine e convincerle ad accoppiarsi con loro in base alla prestazione canora fornita.

Essendo un comportamento molto complesso, che coinvolge una vasta gamma di fattori, è chiaro che il canto diventa un segno molto attendibile dello stato di salute dell’animale e delle sue capacità. Più l’esibizione canora è variegata, priva di errori e innovativa, più è probabile che l’uccello che la esegue sia in ottima salute con delle capacità cognitive integre e funzionanti; un’ottima scelta per la femmina che deve decidere con chi accoppiarsi!
Questa dicotomia di ruolo sfocia nel dimorfismo sessuale sia a livello morfologico esterno (non sempre), sia a livello cerebrale.

Riferimenti:

  • Gradual Emergence of Song Selectivity in Sensorimotor Structures of the Male Zebra Finch Song SystemPetr Janata, Daniel MargoliashJournal of Neuroscience 15 June 1999, 19 (12) 5108-5118;
  • Zeigler, H. P., & Marler, P. (Eds.). (2004). Annals of the New York Academy of Sciences: Vol. 1016. Behavioral neurobiology of birdsong. New York Academy of Sciences.

Donato Ilir Soranno

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